lunedì 28 gennaio 2013

Andrea Satta su l'Unità




Giovanni Impastato, cronaca di una giornata speciale
27 gennaio 2013


Giovanni è del Palermo, quello di Benetti e poi di Causio, Troja e Vasari, l’ultima ala. Allo stadio La Favorita andava a vedere le partite e pure gli allenamenti. Marinava la scuola il giovedì e i professori si chiedevano dove fosse. Tifava per i piedi di Mariolino Corso, i suoi cross e i tiri a foglia morta. «Negri, il portiere del Bologna, fischiato il calcio di punizione a favore dell’Inter, mise la palla sul dischetto del centrocampo, considerando il futuro tiro di Corso un goal già fatto, ma l’arbitro l’ammonì per questa manfrina piena di scherno. Poi, Mariolino calciò e la palla gli si sfogliò fra le mani protese e disperate. Rete!». Nel ciclismo una passione per Gianni Motta e il suo strano stile, tra le canzoni per Luigi Tenco, così straziante (e oggi è molto amico di sua nipote Patrizia). L’amore per i film di Gillo Pontecorvo, razionale e costante e per Delitto e castigo, il libro più bello. Nessuno lo ha affascinato come Berlinguer, «per la timidezza e la pacatezza». Da bambino giocava a ciambella e con la trottola, poi, come tutti, a calcio, sull’asfalto e con le porte fatte di sassi. Ponteranica, nel bergamasco, è l’ultima ferita. Per decisione di un sindaco leghista Cristiano Aldegani, una biblioteca dedicata a Peppino Impastato finisce intestata a tal padre Baggi, un prete del territorio e anche i cattolici sono imbarazzati. Una rimozione sul campo. «Tanto di cappello e niente in contrario, ma perché non dedicargli qualcos’altro al prete?». Ieri, ho passato tutto il giorno con Giovanni, a Sulmona, dove si è proiettato Munnizza, il corto disegnato da Licio Esposito e Marta Dal Prato.
Lì, Giovanni ha incontrato trecento futuri uomini e donne per parlare di Peppino, trecento ragazzi concentrati e commossi. Resta la rabbia e la domanda: perché non succede più spesso? Giovanni più di così non può. A Sulmona, con la volontà della scuola e di Antonio Franciosa ce l’hanno fatta, si è parlato di mafia, di coraggio, di morte e di vita, dal vero, dal vivo. Poi chilometri e la neve intorno, Montepulciano d’Abruzzo, agnello e broccoli. Zeno, un bambino con gli occhi neri, ha ingoiato una torta al cioccolato bianco. Sulla parete del ristorante una citazione colta. Ma non lo sapevamo prima. «Mi ferisce la verità negata, mi ferisce che la morte non serva, mi batto per questo». Ma ora, a Cinisi, nella tana di Tano, c’è Casa Memoria, negli appartamenti di Badalamenti, la memoria di Peppino Impastato. In quelle stanze, dove è stata orchestrata la sua fine, ora c’è la sua immagina permanente.
«Io sono qui a dire che possiamo fare, che ci siamo, che ci vogliamo stare. Spesso lo Stato ci ha tradito, ma altre volte è morto per noi. È successo davanti ai miei occhi».



Andrea Satta e Giovanni Impastato alla presentazione di Munnizza
Sulmona 26 gennaio 2013

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